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Sito archeologico di Sant’Anastasia

/Sito archeologico di Sant’Anastasia

IL SITO ARCHEOLOGICO DI SANT'ANASTASIA

Le rovine ora sembrano solo mucchi di pietre ma hanno visto molta più  storia di quanto si possa  immaginare…
I Sardi hanno cominciato a costruire questo villaggio, quando mancavano 1300 anni alla nascita di Cristo e 600 a quella di Roma!
Negli anni in cui si costruiva questo villaggio, Mosè conduceva gli Ebrei fuori dall’Egitto,e in Grecia fioriva la città di Micene.
A pochi metri da qui, dentro una tomba nuragica, hanno trovato due statuine in bronzo, raffiguranti guerrieri sardi vestiti con un’armatura assiro babilonese!
Un bel mistero..

La passerella che attraversa il passa sopra un’antica strada interna del villaggio.
Vi sono i resti di 4 di capanne. Le più importanti sono la capanna sotto cui passava l’acqua e la capanna del fabbro.
Nel pannello vi l’immagine del   vaso di lingotti di piombo, trovato nascosto davanti all’ingresso di una delle capanne…
Fra le capanne visibili, questa è quella meglio conservata costruita sopra il canale che portava l’acqua al pozzo.
Sotto il pavimento,  l’acqua veniva fatta passare dentro 7 piccoli canali, e poi di nuovo convogliata in un unico canale  che arrivava fino al pozzo sacro.
A ben guardare  si possono ancora vedere i 7 canali, ricoperti da lastre di pietra.
Di fronte a questa capanna è stato trovato un vaso nuragico, pieno di lingotti di rame, nascosto sotto terra tra l’800 e il 900 a.C., quando il villaggio era già stato abbandonato…
Questa capanna è stata scavata solo parzialmente. Il resto continua sotto il piazzale di ingresso. Chissà quanti tesori si nascondono ancora alla nostra vista!!
Probabilmente era la capanna di un fabbro.
Qui sono stati ritrovati degli stampi in terracotta usati per colare il bronzo fuso.
E forse proprio qui sono stati creati i bronzetti degli arcieri vestiti da babilonesi…
A sinistra della passerella si trova il muro di recinzione del villaggio.

Pozzo sacro di santa Anastasia - Sardara. Credits: Sergio Melis. License: CC BY-NC-SA.
Pozzo sacro di santa Anastasia – Sardara. Credits: Sergio Melis. License: CC BY-NC-SA.

Dentro il recinto, la capanna più importante, tra quelle ancora visibili, è quella del Consiglio dei Capi Villaggio.
Le capanne nuragiche, erano costruite con con mattoni di fango poggiati su una base in pietra. Sopra, il tetto, era a forma di cono, realizzato con rami di legno ed erba.
E fino ai primi del 900 la maggior parte delle case, in molte zone della Sardegna, veniva ancora costruita con questi stessi materiali.
Nei pannelli sono illustrati gli oggetti ritrovati dentro la capanna dei Capi.
A sinistra della passerella si trova il muro di recinzione del villaggio. Davanti al muro c’è un pozzo nuragico che ormai si trova all’interno della chiesa.  Ma lo vedremo dopo.

Proseguendo lungo la passerella si va verso il pozzo sacro e la chiesa.
L’area del pozzo è quella più sacra del villaggio, qui si svolgevano i rituali dedicati all’acqua.

Ci sono circa 40 templi simili, ancora visibili, sparsi su tutta l’isola.
Il pozzo è costruito con pietre di basalto, e la sua forma  rimanda all’anatomia dell‘organo riproduttivo femminile.
L‘orientamento di questi templi non è mai casuale. Così, in particolari periodi dell’anno, la luna o il sole riflettono i propri raggi fino a raggiungere l’acqua.
In origine, sopra il pozzo, c’era un edificio di copertura, i cui resti sono stati utilizzati per costruire la facciata della chiesa qui a fianco.
A destra della della chiesa c‘è un secondo pozzo sacro, costruito in epoca più recente, ma solo parzialmente riportato alla luce.
Per gli antichi Sardi, calarsi nel pozzo era come entrare, simbolicamente, nell’utero della Terra.
Le scale rappresentano il passaggio dalla luce al buio, e viceversa.

La discesa verso il buio rappresenta il ritorno alle origini della vita, e all’origine della vita c’è sempre l’acqua.
L’acqua delle fonti sacre veniva attinta solo per scopi rituali e mai utilizzata per gli usi comuni. Questa era infatti considerata sacra, capace di guarire e di riportare a nuova vita.
Oggi molti scienziati, in tutto il mondo, stanno studiando la presunta capacità dell’acqua di memorizzare un certo tipo di vibrazione energetica, dall’esterno, e di conservarla a lungo. Proprio come accade quando si registra un suono su un nastro magnetico.

Pozzo sacro di santa Anastasia - Sardara. Credits: Sergio Melis. License: CC BY-NC-SA.
Pozzo sacro di santa Anastasia – Sardara. Credits: Sergio Melis. License: CC BY-NC-SA.

Questi studiosi ritengono che l’acqua, esposta a specifiche vibrazioni energetiche, assuma delle caratteristiche particolari, in base al tipo di informazione o di energia registrate.
Queste darebbero all’acqua delle proprietà specifiche, in grado di produrre, con il tempo, degli effetti sugli uomini, gli animali o l’ambiente con cui essa viene in contatto.
Un principio che è anche fondamento della medicina omeopatica.
E‘ sopravvissuta fino ad oggi la sacralità di questo luogo, che i vecchi di Sardara chiamano ancora “la fonte dove si curano i dolori”.
E in ogni paese dell’Isola c’è almeno una fonte la cui acqua è ritenuta capace di guarire particolari mali del corpo e dello spirito.
Questa chiesa è una delle più antiche della Sardegna.

Costruita intorno al 500 dopo Cristo, quando Roma e il suo impero si stanno sgretolando definitivamente, l’Europa e il Mediterraneo sono sconvolte dalle invasioni delle popolazioni germaniche e Costantinopoli, l’antica Bisanzio, sta diventando sempre più potente.
Nel 456 una di queste popolazioni germaniche  arriva anche in Sardegna: sono i Vandali, che in meno di vent’anni sottraggono a Roma l’Isola, per unirla, insieme a Corsica e Nord Africa in un impero germanico mediterraneo.
Ma già 80 anni dopo la Sardegna è riconquistata dall’ imperatore romano Giustiniano  e diventa una provincia dell’Impero romano d’Oriente.
E’ proprio durante il breve dominio dei Vandali che vengono eletti due papi sardi:  Papa Ilario e Papa Simmaco e il cristianesimo comincia a diffondersi in modo massiccio tra i Sardi.
Mentre l’isola è il teatro di queste importanti vicende storiche, qualcuno fa costruire questa piccola chiesa sopra sopra un pozzo sacro nuragico e la dedica a sant’Anastasia da Sirmio, martirizzata circa due secoli prima.
Nel 1913 viene effettuato il primo scavo archeologico. Si smonta la facciata della chiesa e la si sposta dove è oggi.
Il pozzo di santa Anastasia, di nuovo all’aperto, torna ad essere un pozzo sacro nuragico.
Ma i vecchi del paese continuano a chiamarlo con il vecchio nome: Funtana de is dolus (la fonte che cura i dolori).
Perchè la convinzione che certe acque possano guarire è  rimasta  radicata nella cultura locale. E la medicina tradizionale sarda è molto più vicina allo sciamanesimo che alla farmacopea occidentale.
Interno della chiesa
A destra della navata centrale c’è un fonte battesimale e una statua di Sant’Anastasia.
Sull’altare, una statua della Madonna e una del Cristo.
A sinistra,  vicino all’ingresso, sono allineati alcuni blocchi di pietra: appartenevano alla copertura esterna di un secondo pozzo sacro, situato a destra della chiesa.
Più in fondo, vicino all’altare, possiamo vedere l’antico pozzo del villaggio nuragico, inglobato dentro la chiesa al momento della sua costruzione.
Questo pozzo, di epoca nuragica, in origine  era di fronte all’ingresso della capanna del consiglio dei Capi.
Nel fondo sono stati ritrovati molti vasi, oggi esposti al Museo di Sardara. Alcuni  di questi sono raffigurati nei due pannelli illustrativi qui accanto.
Osservando i pannelli (il secondo) .
A sinistra c’è la fotografia di un frammento di vaso che ritrae una persona con un bastone biforcuto. Nelle pupille, nelle mani, nella pancia e anche all’esterno del corpo sono impressi dei cerchi concentrici.

Nel vaso al centro del pannello è inciso un nuraghe con tre torri. E anche qui compaiono gli stessi cerchi concentrici, che troviamo anche in molti menhir e negli occhi delle grandi statue nuragiche di Cabras. E’ un simbolo misterioso su cui sono state fatte tante ipotesi ma l’archeologia ufficiale non ha ancora dato risposte certe.
Nel pozzo sono stati ritrovati sia normali recipienti per attingere l’acqua, sia vasi di tipo votivo di uso cerimoniale. Tuttavia gli archeologi ritengono che questo pozzo servisse per attingere l’acqua per gli usi comuni e non venisse usato per scopi rituali.
Alcuni blocchi provenienti dall’edificio che copriva il pozzo sacro. Su alcuni è scolpita una rappresentazione simbolica delle mammelle o delle forme che gli archeologi interpretano come teste di toro.

Fonte battesimale costruito nel 1585.
La chiesa è dedicata a Santa Anastasia, venerata sia dalla chiesa cattolica che da quella ortodossa.
E’ una delle più importanti martiri cristiane, anche se oggi il suo culto è quasi scomparso nella chiesa cattolica.
Ovunque veniva invocata per sciogliere i malefici, per guarire dalle malattie fisiche e psichiche e dagli avvelenamenti, e come protettrice delle partorienti. I suoi simboli sono una palma o una croce nella mano destra, e un vaso di medicinali o un libro in quella sinistra.
La statua è in legno e risale al 1600 circa.